Un tempo le donne di Santa Fiora, come quelle di mille altri luoghi e di mille altri tempi, si riunivano al forno, e nel frattempo che il pane coceva, s’intrattenevano a parlare di questo e di quello, confezionando vestitini a chi avesse la sventura di non essere presente. Narra la leggenda che giungesse ad infornare il pane una donna che abitava un castello vicino, che per la sua bella posizione dominava Santa Fiora. Petorsola, questo il nome della donna, portava sempre con se la sua piccola figlia. A differenza delle comari, non parlava con nessuno, era schiva e riservata, e cotto il pane se n’andava, senza profferir parola. Correvano strane voci su questa donna: c’era chi diceva fosse una strega cattiva, chi una fata buona, chi ancora entrambe le cose. Ma la sua riservatezza, il suo silenzio, il suo astenersi dalle ciance sulle quali invece le altre donne amavano tanto dilungarsi, stimolava la curiosità di queste. Escogitarono perciò uno stratagemma per rompere la sua impassività e farla parlare. Una mattina, mentre infornavano il pane, fecero il gesto di infilare nel forno anche la figlioletta di petorsola. Questa, terrorizzata dal gesto, emise un urlo, afferrò la piccola e gridò : “ Non si è mai visto questa cosa fare: figlie di fate volerle infornare!”, svelando così la sua vera identità. Tornata al castello, livida di rabbia, per vendicarsi dell’affronto subito dagli abitanti di Santa Fiora, trasformò il castello in un sasso. Lei e le altre streghe che vivevano al castello, si trasformarono in gatti, e cominciarono ad andare, di notte, ad intricare le code e le criniere dei cavalli nelle stalle. Per questo chi avesse un cavallo nella stalla, usava mettere alla porta un rametto di ginepro. Secondo la credenza popolare, infatti, le streghe trovano irresistibile mettersi a contare ciò che di più piccolo e numeroso incontrano nel loro cammino. Mettendosi a contare i rametti e gli aghi del ginepro, si sarebbero attardate fino allo spuntar del sole.
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